MARTOGLIO NINO

 

NINO MARTOGLIO

 


 

A JASTIMA 

 

 

 

A JASTIMA

– Cummari Rosa, grapìti 'ssa porta!...

– Chi vi successi? ... – Persi 'n puddicinu! –

– Gèsu, chi siti russa!... – Sugnu morta!

Mi pigghia quarche 'nsurtu, a stamatinu!

Casànza ca truvò 'na virga storta,

niscìu d' 'a nassa e scisi int' 'o giardinu!...

Haju lu mal'agguriu!... E di chi sorta! ... 

È puddastredda!... – Piccatu!... 

(Santinu, scinni 'ssu brodu e mettilu 'nt'armaru...)

Cummari mia, non haju chi vi fari...

cca non s'ha' vistu!... – Pràzzitu 'u scarparu

mi dissi, inveci... – Stravidìu cummari!...

E poi... – Chi c'entra! (A 'st'ura è 'ntr' 'a pignata!

Cancarena 'nt' 'o stomacu v'ha' fari!).

                                                                                               

LA BESTEMMIA

- Comare Rosa, aprite questa porta

- cosa vi è successo? ... - ho perso un pulcino! -

- Gesù come siete rossa! ... - sono morta!

Mi prende qualche colpo stamattina!

a causa che ha trovato un'asta storta,

è uscita dalla stia ed è scesa nel giardino! ...

Ho un malaugurio! ... e di che sorta?! ...

E' pollastrella! ... - peccato! ...

(Santino, scendi questo brodo e mettilo nell'armadio...)

Comare mia non ho cosa farvi ...

qua non si è vista! ... - Placido il calzolaio

mi ha detto, invece ... Ho stravisto comare! ...

E poi ... - cosa c'entra (a quest'ora è nella pentola!

Cancrena nello stomaco deve farvi!) 

 

 

 

 

 

 

 

NINO MARTOGLIO

 


 

A JASTIMA 

 


 

Breve biografia da: 
http://www.midi-miti-mici.it/Nino_Martoglio/Nino_Martoglio.asp?Centona=biografia


Poco dopo la sua morte, in occasione di una pubblicazione postuma di quasi tutta la composizione poetica di Nino Martoglio, Luigi Pirandello amico del compianto Nino e in qualche occasione con lui coautore a quattromani di qualche opera teatrale, scrisse una toccante prefazione appunto all'opera che si chiamava "Centona" perchè appunto così fu chiamato dall'autore dialettale il suo libro di poesia nel dialogo che fa da prefazione.
"Mentre egli vive quì - diceva Pirandello riferendosi a "Centona" - e vivrà ancora per tanto e tanto tempo, e canta e ride e piange e freme in tutta la sua opera arguta e schietta, così calde e sincere simpatie suscitando col suo canto in tutto il popolo della sua Sicilia, e tante risa e tanta commozione ogni sera, nei teatri d'Italia, negli innumerevoli spettatori delle sue commedie e dei suoi drammi, pensarlo morto(e d'una così inopinata orribile morte!), pensare che non lo potrò più rivederlo nella fraterna consuetudine che avevo con lui e nella quale di giorno in giorno mi si rivelavano tutti i moti che, seppur talvolta violenti e inconsiderati, palesavano sempre in lui l'eterno fanciullo-poeta: tanto oscuro e freddo turbamento mi cagiona, e tal dolore mi dà, che non m'è possibile mettermi a scrivere ora di lui, come vorrei."
Nino Martoglio, a soli 19 anni esordì nel giornalismo pubblicando a Catania il settimanale politico-letterario-umoristico edito dal 1889 al 1904 D'Artagnan, interamente ideato e scritto da lui, avente lo scopo di discutere arte, letteratura, teatro, politica, ecc.. L'iniziativa ebbe notevole successo, anche perché Martoglio vi presentò le sue prove poetiche, genuinamente dialettali e intrise di una comicità immediata oltre che di una coraggiosa e audace satira tanto che più volte dovette battersi in duello, col rischio di perderci la vita. Questi versi gli meritarono l'elogio di Carducci e la popolarità nella città etnea. Nel 1901 decise di volgersi al teatro, nel tentativo di riportare alle platee di tutta Italia il teatro dialettale siciliano, che l'attore Giuseppe Rizzotto aveva divulgato anni prima. Avendo scoperto alcuni attori isolani dotati di una dirompente vis comica, quali il Musco e il Grasso, e poi gli Spadaro e il Lo Turco e l'altro Grasso, la Bragaglia, l'Aguglia, la Balistreri, l'Anselmi, il Marcellini, il Pandolfini. Dapprima, nell'aprile del 1903 debuttò con la sua prima compagnia al Teatro Manzoni di Milano. Poi quando la sua Compagnia fu meravigliosamente affiatata diede al pubblico di Roma, al Teatro Argentina, rappresentazioni d'insuperabile bellezza, come quelle del Ciclope di Euripide, del Rosario del De Roberto, del Dal tuo al mio e della Lupa del Verga.
"Ma nessuno - ricorda Luigi Pirandello - forse immagina quanto gli costò d'amarezze, di cure, di fatiche e anche di denari il teatro siciliano che vive massimamente per lui e di lui e di cui egli fu il vero ed unico fondatore. 
Il suo linguaggio è semplice e scorrevole, e nonostante il bagno nei canti popolari, ha qualcosa di letterario, di fine, come il linguaggio digiacomiano che è il vero modello a cui si rifà; e anche quando il Martoglio descrive, la descrizione non è mai fine a se stessa, vibra sempre dei sentimenti dell'autore. E grazie alle eccezionali capacità degli interpreti (Giovanni Grasso, Marinella Bragaglia, Angelo Musco), le opere di Martoglio raggiunsero ben presto una straordinaria notorietà. Il primo volume fonografico a veder la luce fu " O scuru o' scuru " (1895); in tutto quattordici sonetti dialogati, genere iniziato cinque anni prima da Nino Pappalardo con " Siciliana ", ma che il Martoglio porterà a vera forma d'arte. Ancor prima che apparissero in volume i sonetti di "'O scuru 'o scuru", sul D'Artagnan erano apparsi molti dei sonetti raccolti poi col titolo di Lu fonografu; si tratta forse dell'opera migliore del Martoglio, certamente della più nota e della più caratterizzante. Il giornalista, l'umorista e l'autore di teatro si fondono nel poeta, ne affinano la sensibilità, ne smorzano quel certo tono melodrammatico di cui parla Luigi Capuana; I suoi primi testi, I civitoti in pretura e Nica, costituirono l'inizio di un'intensa attività che si esplicò nella composizione di una ventina di commedie, alcune delle quali in lingua italiana. Nel 1903 organizzò e diresse la Compagnia drammatica siciliana. Cominciò così a fiorire quel teatro dialettale siciliano di cui Grasso, incupendo le tinte, sarebbe stato l'espressione tragica e Musco, con l'estemporaneità delle sue battute, l'espressione comica e beffarda sino al delirio buffonesco. 
Ritornando alla pura composizione poetica si può dire, e cito Pirandello, che Nino Martoglio è per la Sicilia quello ch'è il Di Giacomo e il Russo per Napoli, il Pascarella e il Trilussa per Roma, il Fucini per la Toscana, il Selvatico e il Barbarani per il Veneto. Sono tutte voci legate e intrigate con le cose della terra nativa, il sapore, il colore, l'aria, l'alito, l'odore con cui vivono veramente e s'illuminano e respirano e palpitano lì soltanto e non altrove.
"Nino Martoglio fu un vittorioso. Vinse tutti gli ostacoli, tutte le diffidenze, tutte le gelosie. Il teatro siciliano difatti vive: ha ormai un larghissimo repertorio e una fin troppo numerosa schiera di attori - diceva il Pirandello nel settembre del 1921. Personaggi come Mastru Austinu Misciasciu del "S.Giovanni Decollato", Don Cola Duscio de "L'aria del continente" e 'U riffanti e i due ciechi di "Scuru" e il Capitan Turrisi di "Sua Eccellenza" e il povero Marchisi di Ruvolito e Taddarita e Nica e Capitan Seniu, sono tutte creature del suo teatro. in cui quei magnifici attori siciliani anch'essi si sentono vivi.
Lui solo - così finisce il Pirandello la prefazione a "Centona" - povero Nino, non potrà più soffrirne o goderne. E che abbia lasciato sul meglio e innanzi tempo il suo lavoro, sul meglio e innanzi tempo i suoi adorati figlioli, l'adorata compagna, i fratelli, gli amici, così, per uno sciagurato incidente, aprendo per isbaglio una porta che dava in un baratro, è cosa di tale e tanta crudeltà, che veramente fa disperare e inorridire. 

 

 

 

 

 

 

 

NINO MARTOGLIO

 


 

'A 'NSINGA

 

 

 

'A 'NSINGA (1) 
Nino Martoglio

- 'Gnà Sara, unn'è Aitina? - Sta lavannu.

- C'ha a fari, assai? - Pirchissu, sta' vinennu.

- Scusati, chi ci fa, siddu dimannu?

- 'A genti parra assai, 'u sta' sintennu?

- E bonu, bonu, comu sta facennu!

ccu 'n atru 'anticchia mi stati mangiannu!

chiamàtila, vi dicu, ca, amattennu,

si 'a genti parra, nni servi pri bannu.

- Vih, l'anidduzzu?.. Chi è, d'oru finu?

- Chi mi pigghiasturu, pri quarche viddanu?...

- Tina!... Vih, 'a catinetta cc''u adurinu?...

- Tina!!... 'U sintisti di livari manu?

- Staju vinennu botta di vilenu!...

- Nesci tri seggi, nn'assittamu 'n chianu!

1) il segno: qui è detto nel senso di caparra, dono di fidanzamento che si presenta con l'anello di
fidanzamento.
                                             

 

 

 


IL SEGNO


Signora Sara.dovìè Agatina? - Sta lavando

- Deve fare molto" - per questo sta venendo.

- Scusate, fa qualcosa se chiedo?

- La gente parla molto, lo sta sentendo?

- E buono, buono, sta proprio esagerando!

con un altro pò di tempo mi state mangiando!

chiamtela, vi dico, che caso mai

se la gente parla, ci serve la pubblicazione.

- Guarda, l'anellino! ... è di oro fino? ...

-Mi avete preso per qualche villano? ...

- Tona. guarda la catenella con il portaricordi? .

Agatina!... lo avete sentito di levare mano (smetterla di lavare)

- Sto venendo, colpo di veleno!...

- Esci tre sedie, ci sediamo nel piano!

Bellissimo il quadretto della figlia che lava la biancheria e del fidanzato

                                                                                                                                                                                                      

 

 

 

 

 

 

 

NINO MARTOGLIO

 


 

A LA BEDDA DI LI BEDDI

 

 

 

A LA BEDDA DI LI BEDDI

Bedda, cu` fici a tia pinceva finu,
puteva fari scola a Tizianu,
ci travagghiò macari di bulinu
cu la pacenzia di lu franciscanu.

Bedda, cu` fici a tia fu `n Serafinu,
ch`aveva la fattura 'ntra li manu,
ti fici li labbruzza di rubinu
e li capiddi d`ebanu africanu.

Lu pettu ti lu fici palumminu,
li denti janchi e l`occhiu juculanu,
lu nasu privinutu e malantrinu,

nicu lu pedi e séngula la manu...
E doppu ca ti fici, 'st`assassinu,
spizzò la furma e la jittò luntanu.

                                                                                              

ALLA BELLA DELLE BELLE

Bella, chi ha fatto te era un fine pittore,
poteva dare lezioni a Tiziano, 
ha lavorato anche col bulino
con la pazienza d`un francescano.

Bella, chi ti ha fatto è stato un Serafino,
che aveva l`incantesimo nelle mani,
ti ha creato le piccole labbra di rubino
e i capelli d`ebano africano.

Il petto te lo ha fatto di colomba,
i denti bianchi e l`occhio vivace,
il naso eretto e deciso,

piccolo il piede e affusolata la mano...
E dopo che ti ha fatta, quest`assassino,
ha spezzato la forma e l`ha buttata lontano.

 

 

 

 

 

 

 

NINO MARTOGLIO

 


 

BRISCULA 'N CUMPAGNIA

 

 

 

BRISCULA 'N CUMPAGNIA 
di Nino Martoglio 


– Parrati, don Caloriu, comu siti?
– Bonu, vui siti bonu? – Sentu diri:
càrrichi, o 'nnunca brisculi, 'nn'aviti?
– Zoccu vuliti, a vostru piaciri.

– 'Na briscula vistuta. – Chi diciti?
– Briscula! Quanti voti l'haju a diri?
– È grossa... – Non fa nenti, favuriti...
– E si non vi vulissi favuriri?...

– Càrricu, mancu? Cca c'è 'n sei di spati!...
– E chi schifiu è, di 'sta manera?
Don Peppi Nnappa, d'accussì jucati?

– Misseri e sceccu ccu tutta 'a tistera,
comu vi l'haju a diri, a vastunati,
ca mancu haju sali di salera?

1) cavallo, donna o re 
2) uomo presentuoso ma sciocco

Note. – Nella briscola siciliana in compagni,
il gioco è più di parole che di carte, studiandosi,

                                                                                               

Briscola in compagni
            

- Parlate, don Calorio, come state ?
- Bene, voi come state?- Intendo dire: 
carichi, oppure briscole, ne avete?

-Quello che volete, a vostro piacere.

- Una briscola vestita. (1). - Cosa dite ?
- Briscola ! Quante volte lo devo dire ?
- E' grossa... - Non fa niente, favorite...
- E se non volessi favorirvi ?...

- Carico neanche ? Quà c'è un sei di spade
- E che schifo è, questa maniera ?
Don Peppi Nnappa, (2) così giocate ?

Messere e asino con tutta la testiera,
come ve lo devo dire, a bastonate
che non ho neanche sale di saliera ?i

 

compagni con linguaggio figurato e con 
astuzie di parole e di segni, di far comprendere 
agli avversarii tutto l'opposto del gioco che 
hanno in mano. È un gioco da scaltri. (da la Centona)