LU TRENU DI LU SULI
parole Ignazio Buttitta canta CICCIO BUSACCA
Turi Scordu, surfararu, abitanti a Mazzarinu;
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Salvatore Scordo - per chi conosce anche sommariamente la letteratura dei cantastorie siciliani sarebbe del tutto inutile ricordarlo - è il povero emigrante di Mazzarino, in provincia di Caltanissetta, che Ignazio Buttitta ha reso protagonista di "Lu trenu di lu suli"; opera che, assieme al "Lamentu pi Turiddu Carnivali", rappresenta in assoluto la pagina poetica più alta che il grande poeta di Bagheria abbia affidato alla voce di Cicciu Busacca e, quindi, successivamente, a quella di altri cantastorie siciliani come Santangelo, Salamone, Sindoni, Rosa Balistreri. In "Lu trenu di lu suli" Buttitta fa diventare poesia il dramma realmente vissuto da Salvatore Scordo, minatore siciliano costretto a emigrare in Belgio e sepolto dalle macerie della miniera carbonifera di Marcinelle presso la quale lavorava appena da un anno. Salvatore, fino a quel momento, aveva inviato a sua moglie Rosa, rimasta a Mazzarino, i soldi per sfamare la famiglia, per mandare i figli a scuola e, dopo un annu di patiri, finalmente quelli per acquistare i biglietti del Treno del Sole per poterlo raggiungere in Belgio, assieme ai figli. La moglie Rosa e i sette figli del minatore lasciano così la Sicilia e, con il Treno del Sole, intraprendono il lungo viaggio che li avrebbe riportati a riabbracciare il loro, caro Salvatore. Dopo Villa San Giovanni, però, l'immane tragedia. Rosa apprende in diretta la notizia della morte del marito dalla radiolina di un emigrante conosciuto sul treno che aveva appena varcato lo Stretto di Messina. Nella straordinaria poesia di Buttitta la notizia del crollo della miniera e il telegiornale che annuncia il «primo elenco delle vittime che appartiene ad alcuni nostri connazionali emigrati dalla Sicilia» procura una vera e propria trasformazione simbolica della «vettura» ferroviaria: da camera di transizione, che stava per dischiudere alla famiglia Scordo se non l'anelata fortuna all'estero una spaesata prospettiva di ricostituzione socioeconomica, essa si fa fossa che, in un'alba senza lustru, con quello di Turi Scordo restituisce a Rosa - non più fimmina e né matri - e ai suoi figli - orfani di la matri e di lu patri - soltanto lo schelitru abbruciatu d'ogni progetto di vita futura.
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