PETRU FUDDUNI

 

PETRU FUDDUNI
articolo di Pino Caruso

La prima volta che sentii parlare di Petru Fudduni avrò avuto si e no 12 anni. 
Passavo per via Discesa dei Giudici (dietro il cinema-teatro Finocchiaro a Palermo) quando fui attratto da un assembramento che si era creato in un angolo della strada, attorno a qualcosa o qualcuno che non riuscivo a distinguere. ''Ma che è?''. Chiesi ad un passante.
''Pietro Fudduni '' fu la risposta. Incuriosito mi avvicinai e, carponi, cercai di farmi largo tra una gamba e l'altra di quel pubblico che sembrava divertirsi: lo sentivo ridere sopra la mia testa. Guadagnai un posta di prima fila e... "Petru Fudduni'' altri non era che un giovanissimo Franco Franchi.
Per il lettore non palermitano dire che Petru Fudduni era un poeta popolare vissuto a Palermo - non si hanno date precise - tra il 1600 e il 1670. Di mestiere faceva l'intagliapietre; ma conquistò subito una grande popolarità per la sua capacità di improvvisare versi e per la sua carica polemica e
protestataria nei confronti del potere, e, quindi, delle ingiustizie e delle soperchierie del potere stesso.
Divenne, cioè, in breve tempo l'interprete più colorito e fantasioso del malcontento popolare. E tale rimase nella fantasia dei palermitani, non solo dopo che il potere lo assorbì, gratificandolo con riconoscimenti accademici, ma anche dopo la sua morte. 
Io non ho né l'autorità ne la competenza per potere parlare di Peru Fudduni poeta, e quindi lascio a chi ha l'una e l'altra il compito di farlo. Ma, come cittadino palermitano, penso mi sia consentito rilevare il carattere simbolico che la figura di Petru Fudduni ha assunto nella  città di Palermo.
''Morto il poeta, viva il poeta'' si potrebbe dire di Petru Fudduni, nel senso che, morto il poeta, esso ha trovato subito la sua reincarnazione in un altro poeta e poi in un altro ancora e ancora in un  altro,
fino a trovarlo vivo io stesso sotto le spoglie di Franco Franchi, che, a suo modo, poeta era, prima
di diventare attore. Il popolo ha sempre avuto bisogno dei poeti, perchè il popolo non è stato mai padrone di niente, nemmeno delle parole, e i poeti invece sono le parole.
Ma questa, se spiega  - ove lo spieghi - il successo che in vita ebbe Peru Fudduni, non spiega certo la sua ''vitalità '' storica. Il popolo, seppellito Petru Fudduni, poteva benissimo scegliersi un nuovo poeta anzichè ostinarsi a far resuscitare - o meglio a non far morire - sempre lo stesso.
Perchè "morto Petru Fudduni se ne fa un altro?'' Perchè Petru Fudduni non era soltanto il paladino degli umili e degli oppressi ma anche, pur essendo povero, un personaggio vincente. Un personaggio che vinceva con nient'altro che non gli fosse stato dato dalla natura: con l'arguzia cioè e l'intelligenza fatte parola. E questa, in moneta sonante, per il popolo significava speranza. La speranza di poter vincere un giorno la boria, la ricchezza prevaricatrice e la prepotenza con la sola
forza delle idee. Molte poesie di Petru Fudduni nascono dalla provocazione, a volte anche bassa e ignobile, che faceva riferimento alle sue umili condizioni e tasto per lui dolentissimo, alla sua nascita ignota. E sempre il poeta ne usciva trionfante.
Petru Fudduni inoltre rappresentava, e lo dice lo stesso suo cognome, la follia: una follia intesa, da parte di chi è costretto ad obbedire a regole per lo più fatte contra di lui, come estro di ribellione e conquista di libertà.
Ecco perchè - secondo me - Petru Fudduni è vissuto per secoli. E dico ''e vissuto '', perchè oggi Petru Fudduni non è più. Nessuno più1o incontra per le strade di Palermo e solo gli anziani lo citano indirettamente quando, alludendo al loro passato, dicono: ''ai tempi di Petru Fudduni ''.
Ma io non sono sicuro che la sua scomparsa debba venire
interpretata pessimisticamente come la fine di un monde: piuttosto, come la nascita di un altro. 
E ' vero: il poeta che parla a nome del popolo è morto ma, forse perchè il popolo ha imparato a parlare per sè, e perchè ognuno di noi ha deciso di essere il ''Petru Fudduni '' di se stesso. 
Pino Caruso
(dal libro Petru Fudduni I versi di un mito di Giuseppe Mannino