GUARDA CHI VITA FA LU ZAPPATURI
Giuseppe Ganduscio
canta Rosa Balistreri
GUARDA CHI VITAFA LU ZAPPATURI(Giuseppe Ganduscio)Guarda chi vita fa lu zappaturi
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GUARDA CHE VITA FALO ZAPPATOREGuarda che vita fa lo il contadino
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II testo è di Giuseppe Ganduscio (Ribera, 6 gennaio 1925 – Firenze, 7 settembre 1963) poeta italiano ed illustre personaggio siciliano. Il poeta ha messo insieme varie frasi tipiche dei contadini che sudano e faticano per far arricchire con il loro lavoro i proprietari terrieri; Rifacendosi ad una canzone trascritta dal Favara “Ora ch'avemu mangiatu e avemu vivutu” canto di ringraziamento dei mietitori, Ganduscio ha scritto questa canzone di protesta nella quale il tema della dura fatica della vita del contadino s’interseca con la volontà di voler cambiare “questa sorte meschina” Canto di protesta, canto di lavoro, al centro c’è il contadino sfruttato, 16 ore di lavoro “sotto l’acqua o sotto il sole” “di tanti covoni non gli resta niente”, “il suo lavoro ingrassa il padrone” mentre i figli “piangono digiuni”. “E una sorte senza speranze e deve essere cambiata”. La terra a chi la lavora, il frutto della terra a chi “al vento s’affatica”. La canzone è pregna di indignazione, d’ingiustizia sociale, di sudore, di sfruttamento ma non di rassegnazione ed è una delle canzoni più cantate da Rosa nei festival dell’Unità dove riscuoteva scroscianti applausi. Rosa racconta la vita del contadino ma è come se parlasse della sua vita, del suo lavoro: salare le acciughe, tagliare il vetro, fare la serva, tutti lavori duri e faticosi che la fanno identificare con il contadino. Ma non c’è rassegnazione, anzi c’è la volontà di lotta e la speranza di voler cambiare questa vita dura e dare la giusta retribuzione e dignità a chi lavora. Il verso è endecasillabo con accento tonico sulle sillabe 4/6/8/10